Titanic - Vidrio
una cosa che vorrei dire senza sentirmi troppo un fesso
è andata più o meno così. stavo parlando col buon
del nuovo disco (e che disco) di marta del grandi e lui mi fa: hai già letto l’intervista che le ha fatto francesco farabegoli su rumore? no, non l’avevo ancora fatto, ma stiamo parlando dell’autore di una delle interviste più belle degli ultimi anni (quella a ray banhoff sui vaschi, sulla versione pre-substack di ) e quindi ho rimediato subito.nell’intervista a marta del grandi, a un certo punto l’artista nomina mabe fratti, musicista del guatemala che vive a città del messico. al che mi è parso di sentire la voce (e che voce) di marta del grandi che mi fa: hai già ascoltato un disco di mabe fratti? no, non l’avevo ancora fatto e quindi ho rimediato subito.
vado su spotify, scrivo mabe fratti e mi esce un disco a nome titanic con mabe fratti ma non solo: “vidrio”, album collaborativo tra l’artista guatemalteca (esiste un aggettivo etnico più bello di guatemalteco?) e il polistrumentista venezuelano hector tosta, accreditato per l’occasione come i. la católica (zero ascoltatori mensili e direi presa per il culo neanche troppo velata a una certa sovrana spagnola che insieme al marito, tra le altre cose, ha dato inizio alla colonizzazione delle americhe).
allora metto “vidrio” e la graduale presa di coscienza è che anche se sono loro a chiamarsi titanic, qua sono io l’unico che non può evitare di naufragare in questo mare, ora quieto ora impetuoso, di violoncelli, sassofoni, pianoforti ossessivi e batterie jazz. tutti strumenti al servizio dell’elemento imprescindibile di ciascun brano: il canto di mabe fratti, intimo e potente.
e mentre sogno un improbabile album di lido pimienta suonato dai black country, new road, rimetto “vidrio” da capo e penso che in fondo è quasi novembre e posso dire una cosa senza sentirmi troppo un fesso: disco dell’anno. stop.
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