foto: sampha (via elbphilarmonie)
c’è chi in casa ha i santini e chi in casa ha i samphini. è una scemenza che mi viene in mente mentre fisso dal divano la copertina autografata di “process”, esposta in bella vista nel salone, e la copia non autografata di “lahai” che spunta dalla borsa che mi porterò al concerto, perché oh non si sa mai.
sono passati sette anni dall’ultima volta che ho visto sampha dal vivo, a manchester, in una di quelle serate che capisci solo in un secondo momento quanto ti abbiano marcato. lui sul palco è abbastanza timido e molto concentrato: raramente guarda verso il pubblico, rischiando di passare in secondo piano rispetto al batterista, che ha talento, personalità e nessun timore di mostrare entrambi, lasciandosi andare a lunghi assoli che fomentano i presenti.
sette anni più tardi, nella cornice da sogno di una elbphilarmonie di amburgo completamente sold out, la timidezza di sampha è un ricordo lontano. si capisce subito che qualcosa è cambiato nel modo in cui entra in scena: corre con leggerezza intorno al palco circolare, seguendo alla lettera la filosofia spensierata della sua dancing circles, e incita gli applausi della sala, che risponde educatamente. quasi troppo educatamente mi viene da pensare, mentre ricordo un live di nilüfer yanya di fronte a un 200/300 persone che ascoltano i pezzi in religioso silenzio, per la sorpresa della stessa artista che si lascia scappare un “you’re so quiet, i like it”.
forse la stessa cosa che avrà pensato anche sampha, mentre inaugura la scaletta con una versione nevrotica di plastic 100 °c, che ben si adatta al groove ricco e complesso del nuovo “lahai” e che scommetto avrà fatto impazzire l’alexandra palace di londra lo scorso aprile, mentre nell’elegantissima großer saal dell’elphi la tranquillità regna sovrana.
devo ammettere che la cosa comincia inconsciamente a turbarmi. nel senso: è l’ultima data del tour di uno degli artisti r&b più influenti in circolazione. uno che, tra l’altro, pubblica di media un album ogni sei, sette anni. siamo 2.000 e passa persone in una sala concerti da sogno, lui è visibilmente preso benissimo: un po’ di calore in più non guasterebbe.
intanto, l’ingresso trionfale su spirit 2.0 del batterista, che al contrario di sampha è letteralmente un’altra persona rispetto a sette anni fa, riporta la mia attenzione sulla cosa più importante della serata. la sintonia tra i musicisti è tangibile: la parte ritmica incalza, i synth ossessivi s’incastrano con precisione, il cantato di sampha avvolge tutto con grazia e… il suono di una sirena seguito da una voce metallica ci ordina di lasciare immediatamente la sala a causa di un’emergenza?
le luci si accendono, la magia si spegne e il pubblico dell’elbphilarmonie, senza un briciolo di panico, si dirige verso l’uscita con la stessa inspiegabile calma con cui ha accolto meno di mezz’ora fa uno dei miei artisti preferiti in assoluto.
anche se in questo caso la reazione mi conforta, comincia a venirmi il dubbio che l’allarme misterioso abbia a che fare con qualche sorta di punizione divina lanciata da qualche sorta di entità musicale superiore, giustamente insoddisfatta dell’accoglienza riservata al buon sampha. cosa che non mi sento di escludere nemmeno quando, un’oretta più tardi e a concerto ormai annullato, veniamo a sapere che si trattava di un cavo che aveva preso fuoco da sotto il palco, attivando l’allarme antincendio che per fortuna ha funzionato a dovere.
nessuno si è fatto male, il promoter ha organizzato il rimborso a tempo record e proverà a concordare con l’artista una data alternativa. va bene così.
(respiro profondo)
va bene così.
va bene così, mi ripeto mentre mi trovo a fissare ancora una volta dal divano la copia autografata di “process” e quella decisamente non autografata di “lahai”. d’altronde, in che altro modo dovrei reagire? io a casa c’ho i samphini, mica i santini, e vivo nella pacatissima amburgo: tirare giù tutto il calendario dopo un colpo di sfiga del genere non è certo un’opzione. stop.
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