foto: mediterranean futures: napoli via stegi radio
che differenza c’è tra espresso macchiato di tommy cash e mille volte ancora di rocco hunt? una è un’accozzaglia pigrissima di luoghi comuni su una base musicale trascurabile. l’altra è una canzone brutta qualunque con cui l’estonia parteciperà all’eurovision quest’anno.
entrambi i pezzi, in ogni caso, fanno riferimento a un immaginario collettivo ben definito: una è una specie di meme su come gli italiani sono percepiti dal resto del mondo, l’altra è un quadretto stereotipato dell’italiano del sud che va via da casa.
da italiano del sud che vive molto a nord sulla cartina dell’europa, imparare la tecnica di matrix per schivare domande-proiettili sui cliché e le abitudini che gli altri si aspettano tu debba incarnare e rispettare è presto diventata una questione di sopravvivenza, tanto all’estero quanto nei rientri in italia. “che mi dici dell’ananas sulla pizza, eh?”. bullet time. “in che senso il cappuccino dopo le 12?”. bullet time.
sarà per questo che mi trovo spesso a riflettere sulla natura dell’identità collettiva, che immagino più o meno come il modo in cui josef albers inaugurava le sue famose lezioni sulla teoria del colore. l’artista chiedeva agli studenti di portare in classe un oggetto rosso qualsiasi. il giorno dopo, nessuno degli oggetti rossi scelti dagli alunni era dello stesso colore, perché due rossi identici non esistono.
mentre tommy cash e rocco hunt presentavano al mondo l’immagine di un’italia che in qualche modo riguarda anche me, ma in cui non mi sento per nulla rappresentato, l’ateniese stegi radio mandava in onda mediterranean futures: napoli, uno speciale di due giorni curato da giovanni napolano, tutto dedicato ai suoni del mediterraneo da un punto di vista della città partenopea.
tra una cosa e l’altra, ci ho messo due settimane per ascoltare le 12 ore di musica selezionate dai 12 artisti coinvolti nel progetto, più un’ora di conversazione tra napolano e iain chambers, professore di sociologia dei processi culturali all’orientale di napoli.
la domanda alla base dell’intera rassegna - che si apre con regina de lu cielo dei procida ritual project nel mix curato dagli almamegretta e si chiude con bir yaralı kuştum di gaye su akyol nel mix curato da francesco di bella - non era proprio semplicissima: cos’è e come si colloca l’identità musicale partenopea nel contesto di una più ampia identità mediterranea? la risposta è un viaggio intenso e non scontato che, partito dal golfo di napoli, attraversa la turchia, l’africa del nord, il medio oriente e l’oceano atlantico, tra rock anatolico psichedelico, elettronica di lisbona e del cairo, musica sperimentale, ezra collective e sudan archives.
era da arkipelagos, il programma di bawrut su radio raheem, che non mi prendevo così bene per una raccolta di suoni del mediterraneo. a questo punto, dopo due settimane e 12 ore di ascolti in cui credo di aver consumato shazam, ho pensato di fare una selezione delle selezioni che compongono la rassegna e mettere qui sotto cinque canzoni che ho scoperto grazie a mediterranean futures: napoli. cinque canzoni del mediterraneo che suonano in modo molto diverso l’una dall’altra, perché due versioni identiche del mediterraneo non esistono. stop.
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