foto di allegra toran
centralini è grandi artisti e interviste piccolissime. esatto: una scusa per parlare a telefono con le autrici e gli autori dei dischi che mi piacciono. e il giovane holden muto.
dovessi scegliere una e una sola parola per raccontare “moonlanded”, il nuovo album di birthh uscito per la carosello records, mi verrebbe da dire energia. l’artista toscana, che ha deciso di trasferirsi in pianta stabile a new york durante la pandemia, la usa spessissimo nell’arco della nostra chiacchierata. per riferirsi alla città tutta, un concentrato di energia creativa, per descrivere le feste segrete nel quartiere industriale di williamsburg o per cercare di definire quel calore tutto italiano a cui si sente fortemente legata.
allontanarsi dall’italia ha infatti avvicinato il pop alternativo di alice bisi, cantato in inglese, ad arrangiamenti che strizzano l’occhio alla canzone italiana dei ‘60 e dei ‘70. è proprio in questo incontro tra la casa di sempre e l’attuale casa americana che si sprigiona l'energia di “moonlanded”: tra una sezione d’archi à la gino paoli e un party hyper pop in un basement newyorkese.
considerando che il trasferimento negli usa e la nuova vita americana giocano un ruolo centrale in "moonlanded", a questo giro ho costruito l’intervista come una specie di passeggiata. in una sorta di track by track alla scoperta del disco (e della città), birthh ci racconta le canzoni del nuovo album attraverso una sua personalissima mappa della grande mela. buona visita di "moonlanded" e buon ascolto di new york. stop.
moonlanded in new york (qui la versione google maps)
supercharged e somebody sono due canzoni in un certo senso speculari, in cui rifletti sul tuo trasferimento in america, il futuro e le ambizioni professionali. “i’m gonna be someone” vs. “i don’t know who i am”. qual è un posto di new york dove i sogni diventano realtà?
potrei risponderti dicendo che per me tutta la città di new york è in fondo il luogo in cui i sogni possono diventare realtà. perché si avverte un’energia particolare, un’apertura per la novità e per le idee più assurde, immagino data dal fatto che in molti si trasferiscono qui proprio per provare a realizzare ciò che non riuscivano a portare avanti da qualche altra parte. se però devo pensare al mio posto, ti direi la moonbase: lo studio che ho costruito nel mio appartamento di bushwick, a brooklyn, dove ho registrato il nuovo disco. la moonbase è la mia bolla all’interno di questa bolla più grande e carica di energia che è la città in sé. è la mia stanza: tutto il lavoro creativo lo faccio da qui.
è a bushwick allora che “you’re gonna buy a house for your mama” non appena diventerai quel someone?
ecco vedi, a proposito di sogni da realizzare, mia mamma ha appena ristrutturato un vecchio rudere, trasformando il piano terra in un ristorante e il primo piano in un appartamento: è una cosa che desiderava fare da una vita e che ha richiesto sforzi e costi assurdi. quindi dubito che vorrà trasferirsi a new york! quella frase per me rappresenta la voglia di poter ricambiare il supporto che i miei genitori mi hanno sempre dato, contribuendo in modo pratico a coronare i loro sogni attraverso il mio sogno: vivere di musica.
passiamo a jello e puppy, che condividono il tema dell’innamoramento. qual è per te un posto di new york che riflette la parentesi più romantica del disco?
sicuramente il central park. se poi devo scegliere un luogo in particolare all’interno del parco, ti direi la boat house, dove per 20 dollari puoi noleggiare una barchetta a remi e farti un giro nel lago. oltre all’aspetto del giro in barca e al fatto di sentirsi al central park, che già di per sé è un posto magico, è proprio bella la vista della città da quel punto lì. ti giri da un lato e vedi l’empire state building, dall’altra parte ci sono i ponti di central park… io ci sono stata per una date super carina con storm, la mia compagna, e mi è rimasto veramente nel cuore.
il central park si intravede anche nel video di jello, che racconta in modo molto dolce la relazione tra te e storm. c’è un aspetto del brano che mi interessa molto: la vocina pitchata, che suona quasi cartoonesca. cosa rappresenta?
hai presente in tom e jerry quando tom si innamora e spalanca gli occhi, tira fuori la lingua o gli si vede il cuore che batte? io è così che mi vivo le cotte e quella vocina pitchata con il vocal synth vuole rappresentare quel sentimento in modo genuino e anche un po’ spontaneo. è un voler dar voce al mio inner child, il bambino che ognuno ha dentro di sé e che spesso viene trascurato. per dirti, quando stavamo lavorando al disco, la traccia della vocina su logic la chiamavamo “baby”.
la vocina poi ha un ruolo centrale anche in hyperdrive, che insieme a friends in the energy è la parte più dinamica dell’album. qual è un luogo di new york che, come queste due canzoni, tira fuori il tuo lato più coraggioso, eccentrico e stravagante?
c’è un locale che si chiama the box e che si potrebbe definire burlesque ma in realtà è qualcosa di veramente unico nel suo genere. è un posto veramente mattissimo, sia a livello di personaggi che di spettacoli che propongono: spingono qualsiasi limite possibile e immaginabile. se poi devo pensare a qualcosa che rispecchi veramente quei due brani, che sono i più ballabili del disco, direi una di quelle feste segrete che organizzano qua ogni tanto, dove si balla nei basement con la musica hyper pop.
tu come ci sei arrivata a queste feste segrete? come nascono e chi le organizza?
qui c’è una cultura molto forte dello stare insieme e del condividere l’arte e la creatività, quindi gli artisti e i musicisti organizzano tantissimi eventi pop-up di ogni genere: dai party trash alle serate di scacchi o ai picnic dentro i depositi industriali. io ho conosciuto molti creativi che organizzano eventi del genere qui in città tramite london o’connor, il co-produttore del disco. per esempio, c’è danny cole - che ha cantato anche in friends in the energy - che con il gruppo junior varsity organizza a fucking weekend: dei secret show gratuiti di cui si conosce solo il quartiere in cui vengono organizzati, poi un paio d’ore prima che inizi la serata si riceve l’indirizzo preciso.
spesso molti eventi si tengono nel quartiere industriale di williamsburg, nella zona vicina all’acqua, ma in generale sono imprevedibili: spesso non sai nemmeno chi si esibirà. una volta mi hanno invitata a suonare a uno di questi concerti segreti ed è stato veramente molto figo. ecco, per me friends in the energy rappresenta proprio la bella energia che si vive in quegli spazi lì.
dopo la presa bene di friends in the energy, in ship integrity (I e II) e lightyears emerge invece una certa tensione. qual è un luogo o aspetto di new york con cui non sei entrata in sintonia e che ti ha fatto sentire molta nostalgia di casa?
posso dire il supermercato dietro casa mia? perché vengo da una famiglia che ha sempre bazzicato nel mondo della ristorazione e andare al supermercato e non trovare gli ingredienti che mi servono o trovarli ma a prezzi esorbitanti è stata una delle esperienze più traumatiche del trasferirsi qui. cioè, la mozzarella galbani per la pizza costa 11 dollari e quella fresca è introvabile.
oltre all’assenza della buona mozzarella all’estero (un dramma, hai ragione), quali sono state delle esperienze difficili legate al trasferimento a new york?
sono venuta in america il 4 marzo 2020 perché dovevo andare a suonare al sxsw festival di austin. il piano iniziale era di restare negli stati uniti per un paio di settimane, poi sono passati due anni e mezzo prima di tornare anche solo a visitare i miei in italia. perché con le chiusure del covid il festival è saltato e rimanere bloccata negli usa ha innescato una serie di riflessioni che mi hanno portato alla decisione di rimanere qui e avviare il processo d’immigrazione. è stata una scelta molto ponderata e consapevole, ma non per questo non sofferta. oltre al momento particolare legato alla pandemia, è stato un periodo difficilissimo perché mio nonno è venuto a mancare proprio quando stavo aspettando di ricevere la green card, il documento che ti permette di vivere e lavorare negli stati uniti. una volta avviato quel processo, se lasci il paese poi la richiesta si annulla e perdi la possibilità di tornare qui per un periodo. non poter essere stata accanto ai miei genitori in quella circostanza è stato terribile.
la parentesi di ship integrity rappresenta questo momento molto intenso in cui ho deciso di prendere in mano la mia vita, trovandomi poi ad affrontare una serie di situazioni molto forti. quei brani si chiamano così perché a un certo punto mi sono proprio chiesta se fossi riuscita a portare avanti le scelte che avevo preso oppure se mi fossi spezzata prima di atterrare.
chiudiamo con straight up e blue. qui la tensione accumulata si distende con due canzoni minimaliste che hanno un sapore italiano. qual è un posto di new york che ti ha fatto sentire a casa?
sai, nella mia testa little italy doveva essere un posto in cui sentirmi a casa e invece è quasi l’opposto: le differenze tra la cultura italo-americana e il nostro paese sono fortissime. poi però l’anno scorso sono andata alla festa di san gennaro che organizzano nel quartiere, con tanto di bancarelle, buona pizza e processione, e mi è piaciuta tantissimo.
e la passione per la musica italiana dei ‘60 e ‘70, tra mina, battisti e gino paoli, ti è venuta a new york o l’avevi già portata in valigia?
tutta la mia infanzia è stata permeata dalla musica di quegli anni. mia mamma è super fan di mina, con mio papà ascoltavamo tantissimo battisti in macchina. poi è anche grazie a mio nonno se ho conosciuto una serie di artisti italiani, come sergio endrigo, o le canzoni della musica napoletana, a cui lui, originario di pomigliano d’arco, era affezionatissimo. ecco, mio nonno è stato una delle persone che, insieme ai miei, più mi ha trasmesso la passione per la musica in generale. aveva una tastiera per fare il karaoke che si portava un po’ dappertutto. organizzava delle feste e serate in parrocchia in cui si cantava, ma a cantare alla fine era soprattutto lui.
quando poi mi sono trasferita a new york, ho sentito il bisogno di trasportare nelle mie canzoni quest’energia molto calda, tutta italiana. è una cosa che non saprei definire in un modo preciso: la trovi negli arrangiamenti degli archi di senza fine di gino paoli o in un buon piatto di pasta. però posso dirti con precisione come ci si sente a sentirsi distanti da casa.
non me ne sono andata dal nostro paese perché non mi piace vivere lì. amo tantissimo l’italia e la amo talmente tanto che ho sentito proprio il bisogno di tirarla fuori da me stessa, per riviverla. l’ho fatto ascoltando musica italiana, cucinando la pasta fresca fatta in casa e l’ho fatto soprattutto con questo nuovo album. arrangiando gli archi in un certo modo, usando un microfono neumann del 1963 per la voce e pochissimi comp per far sì che suonasse tutto molto vero.
il comping è una tecnica usatissima in studio. consiste nel registrare tante versioni della stessa traccia e poi cucire insieme i pezzetti che sono venuti meglio. oggi una traccia vocale di una canzone può essere anche il prodotto di 20 take diverse. invece in “moonlanded” abbiamo fatto la cosa opposta: abbiamo puntato quanto più possibile sulle take intere, per avere un risultato più genuino e dare spazio anche ai piccoli errori, riprendendo lo stile di quegli artisti italiani che abbiamo citato prima. artisti che, se ci pensi, sono riusciti a sviluppare uno stile unico e a tirare fuori emozioni e sentimenti che risuonano ancora oggi anche grazie alle imperfezioni.
telegrammy è grandi dischi raccontati con testi piccolissimi. musica e parole selezionate con cura. telegrammy non è sui social. se sei qui è grazie (ai tuoi gusti musicali pazzeschi e) al passaparola. per inviare i telegrammy a chi vuoi bene inoltra questa mail o manda questo link. stop.