Bingo Fury - Bats Feet For A Widow
tra i venti e i sessanta centesimi per mezz'ora di ballate noir sbilenche
l’idea che grazie a un telefono e un servizio di streaming a pagamento posso ascoltare (quasi) tutta la musica che voglio dove voglio quando voglio è una roba fenomenale. se non fosse che per il momento ho deciso di non rinnovare più il mio abbonamento premium, non appena scadrà il mese prossimo.
siccome è una cosa a cui ultimamente ho pensato parecchio, mi sembrava utile, anche solo a me stesso, provare a spiegare perché.
le cifre (ridicole) pagate dai servizi di streaming per stream agli artisti non sono certo un mistero. così come non lo è il modello di business di queste piattaforme, in cui i grandi nomi prendono una fetta molto grande della torta e agli artisti piccoli rimangono le briciole, quando gli rimangono.
quindi, molto banalmente: questa cosa mi disturba parecchio e ho deciso che non mi sta più bene. perché ho capito che è una questione che mi importa tanto o quantomeno più di altri problemi/riflessioni/pippe mentali con cui immagino ognuno fa i conti e prova a cercare un suo equilibrio personale.
la soluzione a cui sono arrivato io per il momento è questa:
1) invece di pagare quella decina d’euro al mese ai servizi di streaming (oltre ai soldi spesi tra negozi di dischi e concerti, insomma), usare quella stessa cifra per comprare un disco in digitale al mese su bandcamp, se possibile quando è bandcamp friday.
2) ascoltare (ancora più) dischi su bandcamp, fintanto che il limite imposto dagli artisti lo concede. ascoltare (ancora più) radio indipendenti. qui avevo fatto una lista di quelle che sento spesso. ce ne sono di stupende, come refuge worldwide a berlino, che oltre a una selezione di qualità lavora molto anche di comunità, collaborando con associazioni e organizzazioni non profit.
3) continuare a usare la versione gratis di un servizio streaming per ascoltare i podcast che mi piacciono e seguo con costanza (tipo pvc, friday. e rimbalzati al berghain, per dirne tre in italiano). perché mi sembra un modo per appoggiare delle belle realtà senza supportare economicamente la piattaforma in questione.
è una decisione stupida? è una scelta che non sposta una virgola?
non lo so, probabile, anche perché mi metto nei panni di chi lavora nell’industria musicale e degli stessi artisti e mi rendo conto che, nonostante tutto, oggi sarebbe veramente complicato rinunciare ai servizi di streaming. ma come chi sta provando a cambiare le cose da dentro (spingendo per un modello di business in cui il rapporto tra fan e artisti che si ascoltano venga valorizzato sul serio), penso che anche gli ascoltatori possono dare un segnale e fare la propria piccolissima parte, già solo parlandone e mettendosi in discussione.
e quindi niente: visto che il prossimo bandcamp friday è il 1 marzo mi sembrava anche simbolicamente un buon momento per cominciare questa cosa qui. il disco da comprare l’ho deciso già: “bats feet for a widow” di bingo fury. mezz’ora di ballate noir sbilenche. mezz’ora in cui la tristezza elegante di scott walker inciampa di continuo nelle imprevedibili uscite creative di un king krule che ha preferito il piano alla chitarra. mezz’ora in cui ho smesso di saltare da una traccia all’altra di 10 album diversi manco dovessi ascoltarli tutti contemporaneamente e ho trovato una pace inaspettata in un disco che a conti fatti è pieno di stranezze, tenute magicamente in equilibrio dalla voce profonda di un 24enne di bristol.
credo di averlo ascoltato almeno un cinque volte negli ultimi tre giorni. arrotondando per eccesso, dovrebbero essere tra i venti e i sessanta centesimi in totale, a seconda del servizio di streaming. l’album digitale su bandcamp costa circa 8 euro, più o meno la stessa cifra che dovrebbe arrivare a bingo fury se si compra il disco il 1 marzo. stop.
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