foto di un’elba innocenti bianca (via)
l’elba della innocenti, storica azienda meccanica di lambrate acquisita dalla fiat nel 1990, è una di quelle automobili che i lettori più educati di quattroruote definirebbero come una classica vettura familiare per il mercato low-cost. per tutti gli altri, l’elba era semplicemente una macchina mostruosa: la risposta definitiva alla domanda “riuscirà mai qualcuno a fare un’auto più brutta della duna weekend?”.
in effetti, l’elba della innocenti era la duna weekend, ma con il logo dell’azienda di lambrate al posto di quello fiat e un paio di leggere modifiche apportate qua e là dalla casa torinese, che s’era messa in testa di mettere in commercio il modello pezzotto di un’auto già pezzotta di per sé.
a salerno conoscevo una sola persona che possedeva questa classica vettura familiare per il mercato low-cost: mio papà.
l’elba di mio papà era quella che in famiglia chiamavamo con una certa dose d’ironia il “modello ambulanza”, con la carrozzeria in un terribile e innocentissimo bianco latte.
io ho all’incirca tre anni quando sto per infilare nell’autoradio dell’elba/ambulanza di papà quello che a posteriori diventerà il primo disco di cui ho memoria di aver ascoltato: una cassetta de “le ragazze” dei neri per caso - tre inediti, incluso il brano che dà il titolo all’album, e sette cover di successi italiani in versione a cappella.
più che le ragazze vincitrici della sezione “nuove proposte” a sanremo 1995, ci pensano le donne di zucchero fornaciari a conquistare il mio giovanissimo cuore. non sono i famigerati du du du a farmi capitolare, ma un misterioso verso di cui non capisco il significato e forse proprio per questo mi attira.
mi riferisco a quella manciata di parole che seguono la frase “le vedi camminare insieme, nella pioggia o sotto il sole” e che le mie orecchie di neo-appassionato musicale treenne registrano come segue: dentro poveri giopacchi.
tre parole, una marea di domande: che diamine sono i giopacchi? in che senso sono poveri e perché mai le donne sentono il bisogno di camminarci dentro, tutte insieme?
solo oggi mi rendo conto che forse la cosa più straordinaria di tutte non è neanche il fatto che avessi scambiato dei banalissimi pomeriggi opachi per delle molto più interessanti e indefinite entità parallele (come avrei scoperto con immensa delusione qualche anno più tardi), quanto la mia ostinazione nel non voler chiedere a nessuno delucidazioni sul caso, tenendo per me tutte le domande e i trip fantasiosi che ne seguivano.
un’auto bianca che sembrava un’ambulanza, un disco d’esordio di un gruppo a cappella e donne passeggiando dentro poveri giopacchi, a prescindere dal meteo. più o meno è questa la storia del primo disco di cui ho memoria. se ti va di raccontarmi la tua, io la leggo con piacere. basta rispondere a questa mail o scrivermi a hellotelegrammy@gmail.com.
se invece non eri qui per i giopacchi ma per la musica nuova, puoi sempre dare un’occhiata all’ultimo episodio di
con una piccola incursione portoghese di telegrammy o all’ultima puntata di con il recap di un sacco di bei dischi usciti in questa prima metà del 2024 e una breve anteprima della prossima intervista di centralini. stop.telegrammy è grandi dischi raccontati con testi piccolissimi. musica e parole selezionate con cura. telegrammy non è sui social. se sei qui è grazie (ai tuoi gusti musicali pazzeschi e) al passaparola. per inviare i telegrammy a chi vuoi bene inoltra questa mail o manda questo link. stop.